29.12.12

Costa più il brodo che la carne

"Cosa ci fa il nostro petrolio 
nei loro paesi?"
Anonimo importatore petrolifero

Pochi ritocchi grafici al blog, immagine di sfondo moderna e più colorata e si riparte.

Rubo da Trendlines un grafico interessante: da oltre un anno abbiamo superato il picco del costo di estrazione medio di un barile di petrolio. Ebbe un punto massimo a 37$, quando esplose la crisi, quattro anni fa; ora si è risaliti ad oltre 43$ al barile. Cifra folle, sta superando il succo d'arancia, il vino da tavola, etc. Ci costa davvero più della vita stessa, per molti che abitano vicino alle zone di produzione è già così.

Questo dato, in nero nel grafico a lato, è un buon misuratore della febbre del settore oltre che una conversione "economica" del dato dell'EROEI (trad.: energia investita per energia ricavata nel processo). 
A che livello di febbre il malato petrolifero dovrà finire (di nuovo) in ospedale? Sopravviverà? Quanti miliardi di spesa pubblica, quanti milioni di posti di lavoro costeranno gli ulteriori 3-5 dollari di costo estrattivo in più prima del nuovo collasso? Sapendo che l'economia non riuscirà ad acquistarli tutti (Brasile, Cina ed India a parte).
Una decina di mesi fa alcuni analisti si strappavano i capelli scrivendo che "OIL IS THE NEXT GREECE", ovvero: l'industria petrolifera viveva gli ultimi mesi di "pace" e che alla prima esplosione di una bolla speculativa importante (son sempre le stesse: solvibilità dei paesi dell'Euro, credito immobiliare cinese, effetti del fiscal cliff e del total U.S. debt sull'economia americana...) sarebbe venuto giù il castello di carte del petrolio, con crollo del prezzo e stretta in parte definitiva sulle esportazioni (Messico, Norvegia, Iran, son  paesi che per ragioni diverse già non tengono più la gittata produttiva nonostante prezzi ancora alti).
Ne sia la riprova appunto il grafico a lato. Nel 1999 estrarre un barile di petrolio costava 7 dollari, ora sei volte di più. Forse ci siamo: nelle settimane in cui sembra che la Grecia abbia toccato il bottom, l'occhio di Mordor guarda all'industria del petrolio...

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12.12.12

Produzione petrolifera mondiale: pronti alla discesa libera?

"Il petrolio finirà tra 40 anni. La casa la perdiamo dopo o prima? Il lavoro dopo o prima? Le mogli metteranno alla porta i mariti tra quanto? Le carte di credito diventeranno simpatici righelli tra quanto? I panini con dentro la carta moneta sono per quando? I figli accoltelleranno i padri dopo o prima? La scuola inizierà a non servire a nulla prima o dopo? I libri passeranno dagli scaffali alle stufe quando? Et cetera, fratelli miei, et cetera!"
Dai taccuini inediti del profeta Isaia


La "discesa" è iniziata. Ed è sempre più ripida, almeno considerando quanto prodotto manca ad un'economia energivora ed a paesi ancora demograficamente in fase di espansione.
Diventerà ripidissima dopo il 2015, come da previsioni ASPO (uniche a centrare il bersaglio della realtà, sei anni ed una "doppia crisi" dopo).

Gli ultimi dati sulla produzione mondiale di petrolio ci danno i soliti due dati:
- il "vero petrolio" (Crude Oil e Lease Condensate) è a 76,03 milioni di barili prodotti al giorno, ultimo dato affidabile EIA valido per agosto 2012;
- il petrolio totale, mischiando dentro tutto l'assimilabile ("Total Liquids" compresi gli escrementi dei CEO e degli uffici stampa della di Shell, ENI, Exxon, BP, etc.) è a 88,5 milioni di barili al giorno.
Ho indicato in rosso il dato che ci interessa di più, visto che nel dato in giallo ("total liquids") sono compresi addirittura milioni di barili che sul mercato non finiscono mai per davvero, lasciamo perdere poi quanti di quelli sono conteggiati come "prodotti" ma sono istantaneamente riassorbiti per riprodurre (sempre meno) barili il giorno successivo...
Che dire? Le previsioni ASPO sono e restano assolutamente le più affidabili. Di petrolio ce n'è sempre meno, di peggiore qualità. E se se ne produce "di più", non è certo verso la povera vecchia Europa che verrà.
Secondo queste previsioni, ai dati attuali, tutti i paesi che esportano prodotto petrolifero dovrebbero aver smesso di farlo entro i prossimi trent'anni. In tempi umani, questo significa "domani". Addirittura, secondo gli ultimi studi ASPO* già al 2030 le sole India e Cina, di questo passo, avranno bisogno del 100% del petrolio esportabile, ragionevolmente, a quella data. Restando ottimisti, al 2030 l'Italia potrà contare su nemmeno il 10% di quel che importa oggi, probabilmente da qualche anno saranno in vigore leggi marziali in tutta Europa e la pena di morte, per reati contro la persona, a furor di popolo sarà stata già ripristinata in alcuni paesi.

Immaginate tutti quei titoli di debito, mettiamoci dentro tutti coloro (sempre meno, chissà perchè?) che hanno contratto e contrarranno mutui nei prossimi anni: sulla base della disponibilità di quale energia, per fare quale lavoro, commerciando i manufatti con chi e con quali materie prime, saranno magicamente pagati i debiti totali? Forse l'Eurogruppo dei ministri delle finanze e dell'economia ha una risposta.
Ma sono certo che non vi piacerà, perchè come già accaduto in altre epoche, questi tributi alle oligarchie andranno pagati con la vita.

Solo di debito pubblico (in gran parte interessi...), solo contando i "primi" 11 paesi industrializzati, siamo oggi a 41000 miliardi di debito (in dollari del 2011).
Di cui, a spanne e sempre in dollari:
15000 miliardi americani
6000 miliardi cinesi
5500 miliardi giapponesi
3300 miliardi tedeschi
2650 miliardi francesi
2300 miliardi inglesi
2150 miliardi brasiliani
2100 miliardi italiani
etc. etc.

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6.12.12

Nostradamus si nasce

Oggi si avverano due mie profezie "facili" che avevo inserito nei commenti, me le ricordano alcuni attenti lettori, via e-mail... 
 1. In caso di vittoria del centro-sinistra, il signor Bersani ha comunicato che garantirà a Monti il superministero economico fino a novembre 2014. 
  2. Apple comincia la discesa agli inferi. Nel settore, tra sei anni, sarà rimasto solo Samsung. 

In omaggio allora un'altra profezia: alla luce dei nuovi dati l'export petrolifero della Norvegia (settimo esportatore mondiale) scomparirà totalmente entro il 2019, non "dopo il 2100" come i norvegesi annunciavano nel loro libro bianco del cazzo di neanche dieci anni fa... 
Quindi il collasso degli importatori inizierà prima, o meglio, inizia già oggi ed è concausato dall'ammanco di prodotto norvegese - tra l'altro. Quel che viviamo oggi in Europa è in piccola parte anche dovuto al tracollo totale, e irreversibile, della produzione di quel poco di energia che tiravamo fuori da fondali marini e roccia del nostro povero continente...
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5.12.12

New York City oppure New York Islands?

"Entro i prossimi 110 anni i mari potrebbero salire di (altri) 68 metri? 
Beh ci penseremo tra 200 anni! 
Ora abbiamo ben altro a cui pensare, ad esempio la nostra casa da 1,2 milioni di dollari, 
costruita nelle paludi di Staten Island, beh non è più abitabile... 
Siamo sconvolti ed increduli,... ma dove, dove abbiamo sbagliato?!".
Abitante di New York, dicembre 2012

Ecco un interessante video di 3 minuti. Gli abitanti di Staten Island intervistati tra le macerie molti giorni dopo il passaggio dell'uragano Sandy ancora non sanno cosa pensare, non sanno cosa fare, non sanno dove andare, sono quasi senza speranze...
Quando ci si sveglia dal Sogno Americano, cosa resta?
Macerie mangiate dal sale marino, nuove dune di sabbia al posto della piscina per i bimbi, la disoccupazione, i debiti impossibili da ripagare, la fame, la paura, il buio, il freddo e per alcuni addirittura la morte. Cari Newyorkesi, cari Americani, siate assieme a noi i benvenuti nel solo futuro che avete costruito giorno dopo giorno: la regressione socio-economica totale e irreversibile. Ed ancora non avete, non abbiamo... , visto quasi niente.

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